Lo strusciare lento e cadenzato delle turgide punte dei tuoi seni sulla mia schiena
è la folgore che piomba dal cielo, per squassare con brividi elettrizzanti la mia spina dorsale.
Mi ghermisci, affondando le tue unghie nella carne,
perché è tra i rapaci artigli dell’aquila che si spegne l’ultimo volo della povera allodola.
Mordi passionalmente il mio collo,
con la stessa impietosa irruenza con cui le zanne della famelica fiera atterrano nella polvere la preda indifesa, spossata per il vano scappare.
Con marchi di fuoco tatuaggi di rossetto la mia spalla.
Il tuo essere donna rivendica, a gran voce, la voglia di avvolgermi stretto con la febbre del tuo corpo fremente d’amore.
E mi annulli, accogliendomi dentro di te.
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