Da lungi, per miglia e miglia marine navigammo.
Mari procellosi solcammo, carichi di speranze e di sogni.
Sogni di benessere e di terre promesse, sogni di una vita migliore, sogni di pace e di serenità,
lontano dalla fame, dalla miseria e dai sanguinosi scontri tribali delle remote regioni di quel Continente dalle quali proveniva la misera e multietnica umanità che navigò a bordo di noi.
Sbattuti dalle tempeste della vita, come le nostre chiglie dalle onde del mare, e oppressi dai mali del mondo erano gli animi sofferenti di quei poveri disperati che trasportammo nel lungo e periglioso tragitto.
Ma pieni di speranza.
E nell’opprimente freddo della notte, in una lingua incomprensibile, che sapeva di calda sabbia del deserto,
ascoltammo le loro tristi e lamentose invocazioni di aiuto rivolte al placido cielo stellato.
Ora qui, al termine dell’avventuroso ed ultimo viaggio,
relitti della vita nel comune naufragio,
insieme giacciamo semi affondati nel nostro cimitero di mare,
come amanti morenti.
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